201407.21
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Separazione senza guerra, si può? Si con la pratica collaborativa

Separazione_genitori I conflitti familiari portano con se una quantità e qualità di emozioni che li rendono sui generis  rispetto a tutti gli altri conflitti sottoposti al vaglio dei giudici , essi toccano una infinità di aspetti : dalle relazioni interpersonali, all’aspetto psicologico per finire a quello economico , sono in ballo  vari tipi di interessi ,e per questo motivo dovrebbero essere gestiti con una sensibilità diversa rispetto alle comune controversie civili. 

La separazione giudiziale purtroppo non tiene conte di questi aspetti per niente secondari e regola la separazione  come un qualsisia conflitto , molte volte creando guerre ritorsioni che quasi sempre portano feriti  che spesso sono le persone più deboli ed indifese ovvero i minori. 

Per evitare al minimo il rischio di trasformare una separazione in una guerra senza esclusioni di colpi esiste la possibilità per la coppia che si vuole separare di scegliere la pratica collaborativa, un metodo alternativo di risoluzione della controversia che elude le aule giudiziarie per addivenire ad una separazione senza traumi , gestendo in prima persona  tutti gli aspetti relativi alla separazione   stessa di cui si parlava sopra.

Nella pratica collaborativa  la coppia ,assistita dai rispettivi legali , rimane la vera protagonista delle scelte che riguardano la sua vita e ciò può fare anche in un momento di maggior fragilità, che spesso caratterizza quello della separazione, poiché adotta tali decisioni in un contesto reso sicuro e favorevole alla comprensione e reciproca valutazione degli interessi interdipendenti delle parti dalla sapiente regia dei due avvocati che assistono ciascuna di esse.

La pratica collaborativa è un gioco di squadra al cui interno oltre che alle parti ci sono 

Gli avocati che  non sono  più coloro i quale conducono la trattativa /guerra con il collega ed i soli  referenti davanti al giudice , ma diventano coloro  che indirizzano e consigliano il cliente, gestiscono il conflitto, guidano la negoziazione,    essi sono portatori di un cambiamento di paradigma professionale che si riassume nei seguenti passaggi  dal contraddittorio che caratterizza la separazione giudiziale e per certi aspetti anche quella consensuale , al dialogo, dalla risoluzione del conflitto attraverso la mera applicazione del diritto,  alla risoluzione  basata sulla soluzione dei problemi, la sentenza giudiziale implica necessariamente l’esistenza di un vincitore ed un vinto e sotto questa ottica si è soliti procedere nelle spedizioni davanti al Giudice , nella pratica collaborativa entrambi le parti invece sono entrambi  vincitori ,ovvero l’accordo sarà il risultato di una trattativa in buona fede dove al centro si sono gli interessi personali e di minori.

Dicevamo prima che la separazione  comprende vari tipi di interessi ,ed agisce molto volte anche nell’ambito psicologico della parte, stress, depressione, adattamento ad un nuovo stile e modo di vita, al fine di gestire questi sentimenti e fare in modo che non influiscano negativamente sulla possibilità di tritare una accordo ,  entra nel tavole della trattativa il  professionista dell’area della salute mentale (terapeuta di coppia/familiare, psicologo, psicoterapeuta ecc.), assiste le parti nella identificazione degli interessi e degli obiettivi, nell’affrontare lo stress e le emozioni conseguenti la separazione e nella riorganizzazione delle relazioni familiari, focalizzando la loro attenzione sul futuro piuttosto che sul passato, Le parti possono decidere di avere ciascuna un proprio psicologo  come pure uno solo per entrambe.

Quando sono coinvolti i bambini sarà necessario anche la presenza   professionista di formazione psicologica con specializzazione nell’area infantile e familiare, si pone come terzo imparziale, concentrato esclusivamente sui bisogni e gli interessi dei bambini, e riveste il ruolo di consulente per le parti e per l’intero team. Egli dà voce ai bambini coinvolti, aiuta i genitori a capire le reali problematiche dei figli nell’affrontare la separazione dei genitori e può essere di sostegno per individuare un progetto comune dei genitori.

Gli aspetti economici saranno invece curati dal Commercialista il quale   svolge il ruolo di consulente imparziale per entrambe le parti e per tutto il team, aiutando le parti stesse a raccogliere tutte le informazioni rilevanti di carattere economico e a trovare le soluzioni di natura economica più adatte nell’interesse di entrambe le parti.

A tutti i professionisti che partecipano alla pratica collaborativa é richiesta la formazione, oltre alle specifiche competenze e ai relativi titoli connessi alla singola area di competenza.

Nell’ambito di questo lavoro di squadra sono elementi essenziali il rispetto reciproco, una sintonia d’intenti e di modalità di azione, il riconoscimento reciproco dell’importanza delle competenze altrui, l’impegno poi di mettere sul tavole della trattative tutto le informazioni utile all raggiungimento di un accordo ,anche quelle in teoria sfavorevoli alla parte.

La pratica collaborativa dunque si distingue  dalla negoziazione stragiudiziale tipica della separazione consensuale infatti in quest’ultima  non vi è alcun impegno delle parti e dei rispettivi avvocati a trattare mettendo a disposizione tutte le informazioni pertinenti (economiche e di altra natura) in un’ottica di assoluta trasparenza e buona fede mentre nella pratica collaborativa  tale impegno é essenziale, come altrettanto essenziale é il vincolo di riservatezza al quale parti e professionisti dovranno sottostare e di cui beneficeranno in virtù del quale le informazioni e i documenti messi a disposizione durante il processo collaborativo non potranno essere utilizzati in un eventuale giudizio contenzioso.

Ancora, nella negoziazione tradizionale gli avvocati, e gli eventuali altri specialisti con diverse competenze che venissero consultati, non hanno certo l’obbligo di astenersi dal rappresentare le parti nell’eventuale giudizio contenzioso che dovesse seguire all’esito negativo della trattativa.

Inoltre nell’attività stragiudiziale tradizionale non vi é alcuna garanzia che i due avvocati siano formati, uno od entrambi, ad una negoziazione di carattere collaborativo, né vi sarà alcun vincolo al rispetto di determinate regole di comportamento, se non quelle derivanti dalla necessità del rispetto del codice deontologico, come noto in Italia a dir poco scarno per la materia specifica del diritto di famiglia. Nella maggior parte dei casi, poi, i due avvocati avranno come parametro al quale rapportare la possibilità di una soluzione concordata il paradigma legale.

Nella pratica collaborativa  invece  l’ avvocato favorirà soluzioni più creative, altrettanto legittime, da parte del cliente, che tengano conto anche dei suoi specifici interessi, non sempre o non solo soddisfatti col criterio legale.

Le soluzioni possibili sono individuate nel CP sempre con la partecipazione sostanziale e attiva delle parti che restano invece sullo sfondo nella trattativa tradizionale nella quale l’avvocato ha un atteggiamento direttivo in virtù della delega che riceve dall’assistito di rappresentarlo e difenderlo.

Il successo della negoziazione dipende in gran parte dall’affiatamento del gruppo di lavoro e dalla condivisione delle stessa metodologia, tutti all’interno del team nel processo collaborativo devono remare nella stessa direzione , tutti fanno parte di una squadra il cui obbiettivo  è il raggiungimento di un accordo che soddisfi pienamente entrambe le parti.

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