202403.26
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Il conodminio non può vietare l’attività di AirBnb se non espressamente previsto nel regolamento contrattuale, ma il condomino risponde verso il condominio del comportamento degli ospiti.

Il Tribunale di Milano, con sentenza del 25 gennaio 2024, ha condannato il condomino convenuto, esercente un’attività di Bed-and-Breakfast, a rimuovere i porta biancheria dalla facciata condominiale e le biciclette dagli spazi comuni, nonché a cessare l’attraversamento con le biciclette del prato condominiale.

È questo l’esito del limitato accoglimento delle più ampie pretese dell’attore, il quale aveva chiesto prioritariamente di ordinare al condomino evocato di cessare l’esercizio di attività di bed ad breakfast svolta nell’appartamento di sua proprietà senza autorizzazione dell’assemblea, perché in violazione del regolamento di condominio, e solo in subordine aveva domandato di porre fine a tutta una serie di comportamenti utilizzativi conseguenti alla illegittima destinazione, ove anche imputabili agli ospiti dell’alloggio.

il Tribunale di Milano dà atto dell’esistenza di una clausola del regolamento di condominio che vieta di “destinare alloggi o locali del caseggiato ad uso che sia contrario all’igiene, alla decenza e al decoro dell’edificio”; che dispone che “gli appartamenti, dal piano primo in su, potranno essere adibiti ad uso abitazione ed uffici, con esclusione per le cliniche mediche, sanatori, pensioni in genere, comprese scuole da ballo, ginnastica o scherma e di qualsiasi altra attività incompatibile con il decoro dell’edificio; e che prevede che “la destinazione ad usi diversi da quelli fissati dal presente articolo dovrà essere autorizzata dall’assemblea con la maggioranza di cui all’art 1136 comma 5.

In giurisprudenza è ormai consolidata l’interpretazione secondo cui le restrizioni alle facoltà inerenti al godimento della proprietà esclusiva contenute nel regolamento di condominio, volte a vietare lo svolgimento di determinate attività all’interno delle unità immobiliari esclusive, costituiscono servitù reciproche e devono perciò essere approvate o modificate mediante espressione di una volontà contrattuale, e quindi con il consenso di tutti i condomini, mentre la loro opponibilità ai terzi acquirenti, che non vi abbiano espressamente e consapevolmente aderito, rimane subordinata all’adempimento dell’onere di trascrizione del relativo peso

Configurandosi, appunto, tali restrizioni di godimento delle proprietà esclusive come servitù reciproche, intanto può allora ritenersi che un regolamento condominiale ponga limitazioni ai poteri ed alle facoltà spettanti ai condomini sulle unità immobiliari di loro esclusiva proprietà, in quanto le medesime limitazioni siano enunciate nel regolamento in modo chiaro ed esplicito, dovendosi desumere inequivocamente dall’atto scritto, ai fini della costituzione convenzionale delle reciproche servitù, la volontà delle parti di costituire un vantaggio a favore di un fondo mediante l’imposizione di un peso o di una limitazione su un altro fondo appartenente a diverso proprietario.

Non può perciò dirsi valida una clausola del regolamento di condominio che riservi all’assemblea l’attribuzione di “autorizzare” ogni altra destinazione diversa da quelle previste nello statuto, per l’effetto di disintegrazione del diritto di proprietà da essa discendente. La costituzione della servitù, concretandosi in un rapporto di assoggettamento tra due fondi, importa una restrizione delle facoltà di godimento del fondo servente, ma tale restrizione, seppur commisurata al contenuto ed al tipo della servitù, non può mai risolversi nella totale elisione delle facoltà di disposizione del fondo servente, precludendo al titolare dello stesso ogni possibile mutamento di destinazione non gradito dalla maggioranza dei restanti condomini

L’’attore aveva residualmente lamentato pure che il convenuto aveva “installato diversi porta biancheria per stendere la stessa sulla facciata dell’edificio, in corrispondenza delle finestre del proprio appartamento” ed aveva “depositato biciclette negli spazi comuni”; ed ancora, che gli “ospiti” dell’alloggio passavano sul prato in bicicletta, danneggiandolo.

Per il Tribunale, queste condotte, peraltro provate, erano contrastanti con prescrizioni del regolamento di condominio e lesive del decoro architettonico, e, benché perpetrate dagli ospiti, erano da imputarsi al condomino convenuto. Si tratta, in realtà, di condotte irrispettose dei limiti di uso delle parti comuni, di cui all’
art. 1102 c.c., ovvero di modifiche che arrecano pregiudizio al decoro architettonico dell’edificio condominiale, limite legale parimenti compreso nel principio generale dettato da tale norma. Di tali condotte è responsabile il condomino nei confronti del condominio, benché poste in essere dai conduttori ammessi al godimento della sua unità immobiliare, essendo egli tenuto non solo ad imporre contrattualmente a costoro il rispetto degli obblighi e dei divieti previsti dalla legge e dal regolamento, ma altresì a prevenirne le violazioni e a sanzionarle anche mediante la cessazione del rapporto.

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