In caso di disaccordo tra genitori sulla scuola per il figli il giudice decide in base al principio del interesse del minore e non secondo quello della laicità dello Stato
L’ordinanza della Cassazione civile, sez. I, ordinanza 16 maggio 2024, n. 13570 torna ad affrontare il delicato tema della scelta scolastica laddove esista un contrasto in tal senso tra i genitori. Alla presenza di tale contrasto deve sovvenire sempre il best interest of the child che rappresenta la stella polare non solo nel dialogo tra genitori, ma poi, evidentemente, anche e soprattutto qualora la scelta sia demandata al giudice.
Il padre si era opposto alla scelta della madre di scrivere i figlio in una scuola privata, basando il suo ricorso essenzialmente su due motivi : quello della mancata comparazione delle diverse offerte formative, logistiche e strutturali delle scuole e quello di una presunta violazione del principio della laicità dello Stato avendo la madre iscritto il minore ad un istituto di matrice cattolica così determinando un danno alla libertà di autodeterminazione del minore.
La Corte, in scia con i propri precedenti provvedimenti, ha confermato che qualunque decisione deve prendersi a favore del minore deve essere presa nel suo preminente interesse privilegiando il suo peculiare benessere e una crescita sana ed equilibrata .Secondo i giudici pertanto bisogna prima di tutto considerare se il minore, ad esempio, è già inserito in un determinato contesto scolastico, la sua integrazione con il gruppo classe, il rapporto che ha creato con gli insegnanti e il personale scolastico, l’insieme delle attività extrascolastiche comunque connesse alla frequentazione in quel determinato istituto.
Nella presente fattispecie già la Corte territoriale ha adeguatamente argomentato nel senso che l’iscrizione del minore a quella determinata scuola risponde al suo miglior interesse nel proseguire quel ciclo scolastico già iniziato e nel quale il minore ha espresso il desiderio di continuar a far parte.
La Cassazione osserva inoltre che la decisione, non possa in alcun modo essere interpretata come una violazione del principio di laicità e questo per il motivo per cui, pur rappresentando un principio di rango costituzionalmente protetto, trova un perfetto bilanciamento in quello altrettanto garantito dalla Carta Costituzionale afferente alla cura e tutela dei minori. Sicché, evidentemente, la Corte territoriale ha correttamente ritenuto che l’esigenza di garantire la piena libertà di credo religioso a favore del minore sia da ritenersi recessiva rispetto al best interest of child.